Il Decreto Red II è entrato in vigore!

Il Decreto Red II è entrato in vigore!

Il Decreto Red II è entrato in vigore. Cosa cambia per le comunità energetiche?

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Che lo stato italiano, di comune accordo con gli altri stati europei stia puntando sempre di più alla transizione ecologica non è una novità.  E la transizione ecologica deve per forza di cose passare per una produzione sempre più massiccia di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili. Ed è proprio in questo ambito che agisce il Decreto Red II andando a normare in maniera più specifica le comunità energetiche.

Le comunità energetiche, in particolare, con l’approvazione del Decreto Red II (d.lgs 8 novembre 2021, 199) entrato in vigore il 15 dicembre, potranno aumentare di dimensioni. In questo modo sarà loro permesso produrre maggiori quantità di energia elettrica riuscendo di fatto a connettere molte più abitazioni, attività produttive, negozi ed edifici pubblici. 

Le comunità energetiche potranno diventare un attore importante sul mercato dell’energia nazionale. Secondo le stime di RSE – Ricerca sul Sistema Energetico, la società di ricerca che fa capo al GSE-Gestore dei Servizi Energetici, nei prossimi dieci anni è possibile immaginare l’installazione di nuovi impianti all’interno delle comunità energetiche per un totale di 7 GW.

Ma in cosa consiste questo Decreto Red II? Qual è la fotografia della situazione sulle comunità energetiche in Italia?

Abbiamo provato a fare il punto della situazione in questo approfondimento.

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Le novità del Decreto Red II

Come abbiamo già avuto modo di anticipare, la spinta alle comunità energetiche arriva dal Decreto Red II entrato in vigore in questi giorni. Questo decreto di fatto dà piena attuazione alla direttiva 2018/2001 dell’Unione europea sulla promozione e l’uso dell’energia da fonti rinnovabili”. E’ proprio questa direttiva europea a disciplinare il funzionamento delle comunità energetiche.

Il nuovo decreto introduce comunque delle importanti novità rispetto alla precedente legge 8/2020 che aveva recepito parzialmente la sopracitata direttiva. Vediamo qui di seguito quali sono le due più importanti novità del Decreto Red II:

  • Il decreto Red II permette di realizzare impianti più grandi. Se prima, in base alla precedente normativa era possibile installare impianti di potenza fino a 200 kW dopo l’approvazione del decreto sarà possibile arrivare fino a 1 MegaWatt. Questo significa realizzare impianti che hanno una ricaduta maggiore, così come gli investimenti necessari alla loro realizzazione, in ottica di comunità.
  • L’altra novità sta nel fatto che fino a oggi tutti i membri di una comunità dovevano essere collegati ad una cabina secondaria. Perciò i membri di una C.E. dovevano risiedere in un’area abbastanza ristretta come ad esempio gli edifici di una stessa strada o al massimo di un quartiere. Con il nuovo decreto invece, i membri di una comunità devono essere collegati tramite una cabina primaria coinvolgendo quindi un numero maggiore di persone. In alcune aree rurali potrebbero far parte della stessa C.E. anche alcuni comuni.

L’analisi di RSE

A questo punto è doveroso prendere in esame la situazione delle Comunità energetiche in Italia di questi ultimi due anni precedenti l’approvazione del Decreto Red II. A farlo è stata la stessa RSE, analizzando 58 soggetti divisi tra 23 imprese energetiche di comunità non conformi alla normativa attuale (perché avviate negli anni precedenti alle più recenti innovazioni legislative), otto community energy builders e 27 comunità energetiche rinnovabili avviate in osservanza della legge 8/2020.

Secondo le parole di Maurizio Delfanti, amministratore delegato di RSE:

“Queste iniziative, che possiamo definire prototipali data la dimensione degli impianti e il perimetro dell’intervento, hanno già fatto vedere come le comunità energetiche possano andare al di là del semplice interesse di autoconsumare l’energia prodotta nel territorio riducendo indirettamente la spesa energetica per il singolo: delineando per esempio interventi di contrasto alla povertà energetica, o politiche territoriali per promuovere il ripopolamento di alcune aree del Paese”

Prendendo in esame le comunità energetiche mappate, è emerso come queste in realtà siano distribuite in maniera abbastanza omogenea nel territorio nazionale. Tuttavia, alcune di queste realtà non sono ancora state riconosciute formalmente pur avendo iniziato il processo di costruzione della comunità e degli impianti. Altre realtà invece sono interessate a sviluppare progetti più ambiziosi e grandi rispetto a quelli permessi dalla legge 8/2000 e pertanto hanno preferito aspettare.

Conclusioni della ricerca

Da un lato uno degli obiettivi del Decreto Red II è quello di ampliare il più possibile la possibilità per le persone comuni di diventare a tutti gli effetti dei produttori di energia. La ricerca di RSE evidenzia anche come le comunità energetiche servano a dare risposte a tutta una serie di esigenze e problematiche del territorio.

Quello che infatti è importante per quanto riguarda le CER è il concetto di comunità. Solo tenendo a mente questo concetto è possibile capire come le Comunità energetiche in realtà nascano per dare uno risposta innovativa e diversa al modo di produrre e consumare energia. E’ infatti tramite le comunità energetiche che è possibile mettere i cittadini al centro di quel progetto di transizione energetica tanto ricercato dai legislatori. L’energia inoltre, non è solo un bene economico ma è anche un mezzo per promuovere lo sviluppo locale rispondendo alle esigenze del territorio.

Oltre a ciò, questi due anni di sperimentazione, hanno permesso di individuare criticità e punti di forza di questo modello. Elementi su cui è importante intervenire, e che il Decreto Red II aiuterà a fare, se si vuole che le comunità energetiche abbiano successo.

Punti di forza e criticità

Uno dei temi aperti sul tema delle comunità energetiche riguarda i piccoli comuni con meno di 5mila abitanti ed il coinvolgimento dei loro enti locali. Sono proprio questi soggetti a dover essere i principali promotori delle comunità energetiche sfruttando anche gli investimenti previsti dal Piano Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che ammontano a 2,2 miliardi di euro. Tuttavia, sono proprio i piccoli comuni a rischiare più di altri soggetti di essere esclusi dalla C.E. proprio per la mancanza di competenze specifiche in merito. Una situazione questa che non può di certo essere risolta dal solo Decreto Red II.

Le piccole realtà che decidono di impegnarsi attivamente devono pertanto essere messe nelle condizioni di poterlo fare. E ciò è possibile solo tramite una legislazione e regolazione efficace, anche se, ovviamente, è evidente che lo stato non ha la possibilità di raggiungere tutti i territori. E’ quindi necessario che diversi soggetti collaborino fra di loro, dai community energy builder alle Regioni, alle comunità montane fino all’Anci.

Informazione, formazione e servizi diffusi sui territori sono alcuni degli elementi fondamentali per permettere alle comunità energetiche di fare un salto in avanti.

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