Gruppi di autoconsumo collettivo: cosa sono e come funzionano

Gruppi di autoconsumo collettivo: cosa sono e come funzionano

Alla scoperta dei gruppi di autoconsumo collettivo. Cosa sono e come funzionano?

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I gruppi di autoconsumo collettivo e le comunità energetiche rinnovabili sono al centro delle nuove configurazioni che stanno trasformando il sistema elettrico nazionale. Entrambe le configurazioni dovrebbero servire a renderlo più sostenibile, meno costoso e indipendente dalla situazione geopolitica internazionale.

Se infatti l’Europa ma anche l’Italia guardano con interesse a queste nuove configurazioni è anche perché il contesto ci impone di trovare nuove fonti di energia per metterci al riparo dai continui rincari. Con le comunità energetiche in effetti si andrebbe anche a stimolare l’installazione degli impianti fotovoltaici su edifici residenziali o produttivi. Una cosa non da poco che sicuramente potrebbe aumentare l’indipendenza energetica da paesi come la Russia, decisamente poco affidabili da un punto di vista di fornitura dell’energia e del gas.

Le normative ed i regolamenti attuativi di gruppi di autoconsumo collettivo pubblicati fino a questo momento sono infatti tesi a “favorire la transizione energetica del sistema elettrico italiano, con benefici ambientali, economici e sociali”.

Ma cosa si intende per gruppi di autoconsumo collettivo e comunità energetiche di preciso? Qual’è la loro differenza?

Abbiamo cercato di rispondere a questa domanda in maniera approfondita qui di seguito.

Cos’è l’autoconsumo collettivo

Con il termine gruppi di autoconsumo collettivo ci si riferisce alla possibilità di produrre energia elettrica da fonti di energia rinnovabile per consumarla secondo le proprie necessità. Il tutto però viene svolto, non come singolo, ma come insieme o gruppo di entità differenti.  Pertanto, un gruppo di autoconsumo collettivo può essere composto anche da:

  • condòmini che abitano all’interno dello stesso condominio,
  • aziende e/o soggetti che condividono uno stesso edificio,
  • enti pubblici,
  • persone fisiche.

La Direttiva UE 2018/2001 stabilisce che:

“autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente sono un gruppo di almeno due autoconsumatori che si trovano nello stesso edificio o condominio che intendono produrre energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo e accumulare o vendere energia elettrica rinnovabile autoprodotta in rete, purché tali attività non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale”.

La configurazione di autoconsumo collettivo quindi permette al consumatore di diventare “prosumer“, un termine inglese che deriva dalla fusione di “producer” e “consumer”. In sostanza un prosumer è un produttore e consumatore di energia allo stesso tempo. Pertanto è ovvio come la configurazione dei gruppi di autoconsumo collettivo produce una serie di vantaggi economici, ambientali ed energetici.

Come funziona il gruppo di autoconsumo collettivo?

Ad individuare le modalità di incentivazione dei gruppi di autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche è il Decreto MISE del 15 settembre 2020, che ha fatto seguito al Decreto Milleproroghe e alla delibera ARERA n. 318/2020/R/eel del 4 agosto 2020. Il decreto stabilisce ed individua agevolazioni ed incentivi volti a spingere l’acceleratore sulla costituzione di queste configurazioni che si basano sull’energia rinnovabile.

Per i gruppi di autoconsumo collettivo, la tariffa stabilita è pari a 100 €/MWh. Tale incentivo viene riconosciuto per un periodo di 20 anni ed è gestito direttamente dal GSE. Inoltre, è cumulabile con l’ecobonus 110 rispetto alla creazione di impianti fotovoltaici oltre agli econobonus ordinari.

E’ necessario però fare anche altre due ulteriori precisazioni:

  • possono far parte di un gruppo di autoconsumo collettivo tutti i possessori di impianti fotovoltaici installati dopo dicembre 2021.
  • l’impianto di autoconsumo deve essere collegato alla rete elettrica e non deve superare una produzione di 200 kW.

Dobbiamo anche considerare il fatto che gli incentivi puntano a supportare l’autoconsumo anche attraverso sistemi di accumulo (o energy storage) che si differenziano dal meccanismo dello scambio sul posto di cui abbiamo parlato qui. Gli storage o batterie di accumulo in effetti permettono di immagazzinare l’energia in accumulo per poi utilizzarla quando serve.

Per supportare cittadini e imprese nella valutazione e scelta rispetto all’adozione di un impianto fotovoltaico per autoconsumo collettivo o per una comunità energetica, lo stesso GSE ha creato un portale dedicato. In particolare, il sito permette agli interessati di analizzare e prevedere i possibili vantaggi dell’investimento sia in termini di risparmi energetici ed economici in bolletta, sia di riduzione dell’impatto ambientale. Inoltre, sempre tramite il portale, è possibile calcolare gli incentivi cui si avrebbe accesso.

Come funziona il sistema?

La legge che regola i gruppi di autoconsumo collettivo specifica che, i soggetti che fanno parte del gruppo, condividono l’energia prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente.

In sostanza quindi ogni utente disporrà di un proprio contatore che misurerà l’energia consumata. Ma non solo. Ogni membro del gruppo dovrà anche avere un secondo contatore che misurerà l’energia che il suo impianto immetterà in rete.

L’energia per l’autoconsumo che sarà condivisa è definita così:

“il minimo tra la somma dell’energia elettrica immessa e quella prelevata dalla rete”.

Tutta l’energia prodotta dagli impianti del gruppo di autoconsumo collettivo che non sarà auto-consumata in loco, verrà quindi riversata nella rete pubblica prima di essere prelevata dagli utenti.

Gruppi di autoconsumo collettivo e comunità energetiche: le differenze

I gruppi di autoconsumo collettivo e le comunità energetiche, per quanto si basino su obiettivi comuni, sono due cose diverse. Entrambi sono volti ad una gestione più efficiente della produzione ed utilizzo di energie rinnovabili ma presentano differenze sostanziali.

La differenza principale tra i gruppi e le comunità energetiche riguarda la loro costituzione.

  • I gruppi di autoconsumo collettivo si costituiscono quando c’è un singolo edificio con una molteplicità di utenze. Ad esempio possono sfruttare questa configurazione i condomini oppure i centri commerciali.
  • Le comunità energetiche rinnovabili invece sono costituite da un gruppo di privati, enti, Pmi o persone fisiche che possono essere dislocate nel territorio. Costoro si associano in forma giuridica con l’esplicito fine di produrre e condividere energia.

Gli obiettivi delle due configurazioni, pur se diverse nella forma, sono però i medesimi. Possiamo riassumerli in questa lista:

  • Aumentare i livelli di risparmio ed efficienza energetica;
  • Favorire i processi di transizione energetica e de-carbonizzazione;
  • Promuovere l’uso delle fonti rinnovabili;
  • Ridurre l’impatto ambientale complessivo;
  • Raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica al 2050.

Questi modelli, unitamente ai sistemi di incentivazione ad essi collegati, stanno inoltre spingendo la collettività a effettuare delle scelte in modo consapevole e condiviso e a portare un cambiamento culturale e sociale.

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