Quanto ci costa la direttiva casa Green?

Quanto ci costa la direttiva casa Green?

C’è stato il via libera dell’Unione Europea alla direttiva Casa Green. Ma l’obbligo di rendere più efficienti da un punto di vista energetico gli edifici coinvolti ricade interamente sulle spalle dei consumatori.

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In questi ultimi anni, il Parlamento Europeo è stato chiamato sempre più spesso a votare su politiche per l’ambiente dalla forte impronta ecologica. Uno degli ultimi voti espressi riguarda appunto la cosiddetta Direttiva Casa “Green” (la trovi qui). Tale direttiva, se approvata senza modifiche, impone a case ed edifici non residenziali (pubblici e non) di effettuare interventi di efficientamento energetico. L’obiettivo della Direttiva è infatti quello di far salire la classe energetica degli edifici in modo da sostenere sempre di più quel percorso di decarbonizzazione intrapreso oramai da tempo.

Raccontata così, la Direttiva Casa Green, potrebbe sembrare una svolta epocale nella conquista degli obiettivi di abbattimento delle emissioni dei gas inquinanti. Tuttavia non è tutto oro quello che luccica. Questo perché gli interventi di efficientamento energetico su circa 2 milioni di edifici solo in Italia, sono a carico dei proprietari di questi edifici. In sostanza quindi, potresti essere costretto a sostenere interamente le spese per l’efficientamento energetico di casa tua, o della tua azienda. Se non lo farai, il valore del tuo immobile, potrebbe scendere drasticamente.

Come se non bastasse, a complicare le cose, c’è anche il blocco dello sconto in fattura e della cessione del credito che di fatto rende impossibile per molti fruire dei bonus fiscali. Grazie a questo blocco infatti non è più possibile usufruire degli incentivi per l’installazione di impianti fotovoltaici (di cui parliamo qui) o altri se non solamente tramite detrazione in dichiarazione dei redditi in 10 anni.

In questo articolo cerchiamo di fare il punto della situazione spiegando perché, dietro alle buone intenzioni, si nasconde un rischio grandissimo per il nostro paese per le nostre tasche.

Cosa prevede la nuova direttiva “case green”?

Secondo la Direttiva Europea “Case green” il settore dell’edilizia del vecchio continente è chiamato a dare una decisa sterzata verso la sostenibilità nei prossimi anni.

Per capire meglio di cosa si tratta è però necessario partire da più lontano. Come forse saprai infatti,  ogni edificio oggi può essere classificato secondo una classe energetica che misura il suo impatto ambientale. Tale classifica va da A, meno impattante, a G, più impattante. La direttiva in questione quindi prevede che gli edifici ottengano un netto miglioramento della loro classe energetica Visto che dovrebbero raggiungere la classe E entro il 2030 e D entro il 2033.

Uno dei problemi però è che fra i vari paesi membri dell’Europa, non c’è una uniformità di criteri per individuare la classe energetica degli edifici tra i vari paesi europei. Questo significa che la classe G Italiana, ad esempio, non corrisponde a quella Polacca. A sua volta quella polacca non corrisponde a quella rumena e così via.

Ma non solo. La direttiva infatti stabilisce che, ogni nuovo edificio, anche quelli industriali, dovrà essere realizzato a emissioni zero a partire dal 2028 se costruito da privati. La scadenza di questa norma è invece fissata al 2026 se costruito per fini pubblici. 

Non possiamo quindi far altro che evidenziare due aspetti critici che riguardano la direttiva:

  • la strettezza dei tempi previsti per l’adeguamento, soprattutto per i nuovi edifici pubblici e privati o imprenditoriali,
  • i costi che questo potrebbe riservare agli italiani ed ai residenti dei paesi europei.

Quanto ci costa?

A realizzare una stima dei costi che l’Italia dovrebbe sostenere per la “Direttiva casa green” ci ha pensato Ance (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili). La spesa per le ristrutturazioni “green” della casa ammonta ad una cifra compresa tra 40-60 miliardi di euro. E questa effettuata da Ance è una stima prudenziale che non tiene conto dei probabili rialzi dei prezzi del settore edilizio.

Il numero di immobili che servirà ristrutturare è di circa 230.000, tra edifici pubblici e non residenziali. A questi però vanno sommati gli oltre 1,8 milioni di edifici residenziali privati.

In altre parole è come dire che fino al 2033, dovranno essere ultimati oltre 200.000 interventi di efficientamento energetico ogni anno. Tutto questo per portare a una classe energetica di E entro il 2030 e D entro il 2033 gli oltre 2 milioni di immobili interessati.

Qual’ è il rischio più grande della Direttiva Casa Green?

La vera minaccia portata dalla Direttiva Casa Green non sta nell’enorme quantità di interventi da effettuare o nei costi da sostenere per effettuarli. Sta nell’inevitabile svalutazione degli immobili cui si andrà incontro qualora questi immobili non vengano riqualificati energeticamente. 

La svalutazione di questi edifici di fatto colpirebbe duramente il portafoglio degli italiani visto che la maggior parte di loro ha utilizzato i propri risparmi per investire nel “mattone”. Mattone che adesso rischierebbe un forte deprezzamento e quindi di far volatilizzare questi risparmi.

In altre parole, o si sostengono le spese necessarie per far salire di classe energetica casa propria con i nostri soldi, o la casa in cui viviamo subirà un crollo del proprio valore.

conclusioni

L’attuazione un simile disegno presuppone un enorme piano strategico che interessa non solo il settore dell’edilizia, ma anche tutto quello che gira intorno ad esso. Il piano strategico dovrebbe anche integrare quelle che sono le possibilità offerte dalle C.E.R. in modo da rendere più armonioso possibile il salto delle classi energetiche. Il problema è che ad oggi, questo “piano strategico” non c’è!

Ma non solo. Serve anche un sistema efficiente di cessione dei crediti fiscali (anche per percentuali inferiori al 110%). Tale meccanismo infatti non può mettere in discussione, la monetizzazione dei lavori eseguiti, con il risultato di bloccare qualsiasi ulteriore decisione di investimento. Tanto più che Eurostat ha affermato che i crediti fiscali devono essere considerati come debito pubblico e quindi possono essere spalmati su più anni.

L’efficientamento energetico degli edifici è un obiettivo condivisibile e di fondamentale importanza. Tuttavia tale obiettivo non può essere perseguito sulla pelle dei cittadini.

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